Pest Control: fornitori qualificati per un servizio efficiente

1076* 08 aprile 2024

(Articolo tratto da Dimensione Pulito)

La gestione delle infestazioni in una azienda alimentare, va ben oltre la semplice disinfestazione,
ma comprende una serie di attività che permettono di controllare la presenza
di specie infestanti, limitando l’uso di biocidi a livelli giustificati, e che riducono i rischi per la salute umana e per l’ambiente.

Questa definizione è stata elaborata dalla FAO e descrive quello che in inglese è definito integrated Pest Management (IPM).

All’interno di un’azienda alimentare, la presenza di infestanti contribuisce
alla diffusione di patogeni (contaminazione biologica dell’alimento), alla
presenza di corpi estranei, alla contaminazione delle superfici e degli ambienti di lavoro.

“Non da meno – sottolinea Francesco Fiorente, dottore forestale ed esperto in Integrated Pest Management – c’è una ricaduta in termini di danno di immagine, quindi cattiva reputazione, ed economico
legato alla presenza di infestanti”.

Per tutti questi motivi la gestione degli infestanti deve essere inserita
nel Piano dei Prerequisiti nell’ambito dell’autocontrollo aziendale.

“Rispetto alla semplice disinfestazione
– spiega Florente – I’IPM è uno strumento complesso ma molto potente
per soddisfare i requisiti cogenti e volontari, ridurre l’uso di prodotti chimici, attraverso una gestione sostenibili delle infestazioni, impiegare i biocidi secondo le indicazioni di etichetta, dove le condizioni sicure di impiego sono sempre più dettagliate, coinvolgere
tutti gli attori della filiera e raggiungere obiettivi di salute globale, come
descritti dal principio «One Health».

A questo proposito ricordo che il Decreto 179 del 2021 riporta le sanzioni per l’uso non conforme del biocidi”.

L’IMPORTANZA
DELL’APPROCCIO PREVENTIVO

Nonostante l’importanza del controllo delle infestazioni per evitare una serie di problemi molto gravi per un’impresa
alimentare, sembra che adottare azioni di prevenzione sia considerato spesso
ancora banale e che sia una questione cui devono prestare attenzione solo lle
aziende certificate.

In realtà, la norma di riferimento per l’igiene degli alimenti in Europa, il Regolamento 852 del 2004 e documenti successivi, tra cui la Comunicazione della Commissione
Europea 2022/C 355/01 contengono chiari riferimenti al pest management.

È vero, comunque, che gli schemi di certificazione come BRC e IFS portano le aziende a prestare attenzione alla gestione delle infestanti e rafforzano
l’idea che il fornitore di servizi di disinfestazione sia un fornitore critico per un’azienda alimentare.

Nella BRCGS Food 9 la gestione degli infestanti è analizzata al paragrafo
4.14, che indica 12 requisiti valutabili in stabilimento e durante la verifica documentale.

“Tra i requisiti – afferma Fiorente – figurano questioni come la valutazione dei rischi e l’affidamento del servizio a una organizzazione esterna competente.

Si parla di rivalutazioni
periodiche, di ispezioni approfondite da parte di una figura esperta.

La gestione degli infestanti è citata anche in altri paragrafi, a proposito di PRP, verifiche interne, fornitori di servizi,
requisiti degli edifici, layout, strutture, areazione, porte e finestre e così via”.

Nello standard IFS FOOD 8 i requisiti da rispettare sono 7 e sono riassunti
nel Paragrafo 4.13 «Monitoraggio infe-
stanti e Controllo degli infestanti»>, anche se altre informazioni sulla gestione degli infestanti sono presenti in altri capitoli (per esempio requisiti strutturali, smaltimento rifiuti, trasporto).

“Questo standard – precisa l’esperto – prevede che il sito produttivo e le operazioni debbano essere progettare per prevenire le infestazioni.

Anche questa norma parla di esternalizzazione del servizio definendo un contratto specifico, sebbene preveda la possibilità di avere personale interno formato per interfacciarsi con i fornitori e svolgere
un’attività di supervisione”.

UNA SCELTA DA EFFETTUARE
CON CRITERIO
Non solo, quindi, è necessario avere una strategia per il controllo delle infestanti, ma bisogna scegliere con criterio a chi affidare questa attività.

“La norma italiana in materia – commenta
Fiorente – è datata.

La legge n. 82 del
1994 regolamenta le attività di pulizia,
disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione.

II D.M. n. 274 del 07/07/1997, inoltre, precisa i requisiti tecnici che deve avere un fornitore di tali servizi e soprattutto la figura del cosiddetto “responsabile tecnico”.

In particolare, bisogna verificare se i riferimenti nella sua visura camerale
siano presenti l’iscrizione nel Registro delle imprese o all’Albo delle imprese
artigiane, sia indicato il Codice ATECO 81.29.10 – servizi disinfestazione.

Il responsabile tecnico deve essere in possesso di determinati requisiti, che fanno riferimento a esperienze lavorative (triennio di lavoro in un’impresa del settore) o a un curriculum scolastico non caratterizzante in cui ci siano compresi studi di chimica e biologia.

Per la legge italiana non serve una formazione specifica sulla disinfestazione, come non c’è obbligo di aggiornamento professionale continuo per gli operatori”.

Ma se gli obblighi di legge possono non essere sufficienti per assicurare un’elevata professionalità nel settore del Pest Management, ci si può appoggiare alle norme volontarie.

Nel marzo del 2015 è stata pubblicata la norma UNI EN 16636:2015 “Servizi di gestione e controllo delle infestazioni (pest management) – requisiti e competenze”.

“Questo standard volontario sottolinea Francesco Fiorente – prende sempre più piede nel mercato privato e in quello pubblico, al punto che la certificazione ai sensi di questo standard è spesso un fattore premiante nelle gare di appalto.

Tra gli ambiti in cui è più diffusa e richiesta c’è proprio quello dell’industria alimentare.

La norma è adottata in 33 Paesi europei, tra cui I’Italia”.

La norma illustra il flusso di un processo professionale di gestione delle in-
festanti, che parte da una valutazione del rischio nel sito in cui si eroga il servizio e delle infestazioni presenti, comprende la definizione di un piano di controllo delle infestazioni, la fornitura servizio vera e propria, la gestione del rifiuto che da esso deriva, le registrazioni formali, la conferma dell’efficacia del processo e il monitoraggio.

Grande attenzione è dedicata alla professionalità degli operatori.

“Vengono individuate – precisa l’esperto – circa
80 competenze, con specifici requisiti di formazione.

Un’azienda certificata
con lo standard UNI 16636:2015 deve
mettere a punto un sistema di formazione e aggiornamento di tutti i propri addetti.

Inoltre la norma fissa i criteri per la gestione delle attrezzature, per la fornitura del pesticidi, per la documentazione e registrazione, per l’assicurazione e il subappalto.

A questa norma si aggiunge un altro standard, UNI 11381:2010, una norma tecnica, molto specifica sui sistemi di monitoraggio che dà requisiti specifici per progettare e realizzare sistemi di monitoraggio di insetti negli ambienti delle industrie alimentari”.

Altri riferimenti utili sono la UNI/PdR 86:2020 (linea guida alla 16636) e la
UNI/PdR 145:2023 (pest management nell’agroalimentare biologico).

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO È IL PUNTO DI PARTENZA
Una corretta valutazione del rischio è essenziale per importare il piano di gestione delle infestazione e il fornitore cui ci si affida deve essere in grado di svolgerla correttamente.

La valutazione del rischio può essere fatta con modalità diverse. “Ma quello che conta – commenta Fiorente – è che gli esiti di questa valutazione trovino rispondenza nel piano di gestione e controllo degli infestanti.

Per esempio, se individuo aree di rischio elevato non potrò non avere piano di monitoraggio che preveda interventi frequenti; viceversa non posso usare dei prodotti rodenticidi,
dove non è stato valutato un rischio di presenza di topi e ratti.

A differenza delle contaminazioni microbiologiche,
non esistono per le infestazioni dei valori soglia fissati per legge.

Le soglie di intervento sono in genere stabilite dall’azienda appaltatrice in
accordo con l’industria alimentare, in base alla valutazione dei rischi, che tiene conto anche dei dati storici”.

Anche se la presenza anche di un solo roditore nelle aree interne di
un’azienda alimentare fa superare la soglia di intervento e attivare azioni straordinarie di intervento, per altre tipologie di infestazioni, è necessario che le soglie di intervento siano concordate in modo da rispecchiare nella maniera più realistica possibile la realtà operativa e siano basati su dati storici, reclami, non conformità.

“Soglie troppo basse – precisa Fiorente – possono far rimanere un’azienda in perenne stato di non conformità e nella continua necessità di adottare misure correttive, soglie troppo alte, invece, non sono consigliabili ai fini della sicurezza alimentare”.

UNA CERTIFICAZIONE ANCORA POCO DIFFUSA
L’Italia è uno degli Stati europei che, dopo il Regno Unito, ha il maggior numero di aziende certificate secondo lo standard UNI 16636:2015.

“Siamo nell’ordine di qualche centinaio di aziende – precisa Fiorente – che si sono certificate spinte soprattutto dalle richieste delle aziende alimentari. Mi sarei aspettato una adesione maggiore, ma bisogna tener conto del fatto che in Italia molte aziende che si occupano di pest control hanno un numero di addetti inferiore alle 10 unità e approcciarsi al mondo della certificazione, può essere complicato per i piccoli
operatori”.

Al di là della adozione dello
standard di certificazione, alcuni parametri possono guidare l’operatore del settore alimentare nella scelta di un fornitore adeguato per questo servizio.

Per esempio l’approccio “Green” e “Sostenibile”, che preveda l’impiego di
prodotti meno impattanti e di mezzi diversi da quelli chimici, la formazione e le competenze del personale, la .reattività di intervento, che deve essere ben descritta nel contratto di fornitura del servizio.

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