45* 05 marzo 2020
L’acaro della scabbia è un parassita, non visibile a occhio nudo, dell’uomo e di tutti i mammiferi domestici. Si nutre delle cellule epiteliali, causando la scabbia.
È notturno, ama il caldo ed ha dei sensori per l’odore degli umani e per la temperatura.
Una volta gravida, la femmina inizia a scavare la sua tana negli strati più superficiali dell’epidermide e semina 2-3 uova al giorn, per circa un mese, lungo il decorso. Il cunicolo, la lesione tipica della scabbia, rappresenta la sede in cui si trova la femmina dell’acaro e le sue uova nelle varie fasi del processo maturativo. Il processo maturativo avviene in poco più di una settimana.
Questo tipo di acaro non può vivere al di fuori della cute dell’ospite per più di 2-3 giorni. Le uova resistono 10 giorni.
Una volta contratta l’infestazione, il periodo di incubazione prima della comparsa dei sintomi è di 2-3 settimane, tempo necessario perché l’ospite si sensibilizzi agli antigeni dell’acaro. Alla reinfezione il prurito compare già dopo due giorni.
In effetti il forte prurito che diventa più forte nella notte è sintomo dell’infestazione, soprattutto negli spazi interdigitali, lato flessorio dei gomiti, ascelle, inguine dove l’acaro ama agire lontano da potenziali traumi.
Una persona si contagia quando va a contatto diretto con il malato di scabbia o con oggetti da questo utilizzati (lenzuola, cuscini, vestiti).
Le possibili conseguenze sono alcune complicazioni dovute al grattamento.
La scabbia si cura fondamentalmente con l’applicazione su tutta la cute di farmaci antiacarici. La disinfestazione ambientale che va ad agire su tutti gli oggetti usati dal malato può accelerare i tempi di guarigione.
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