144* 23 giugno 2020
Le uova del piralide del bosso hanno un diametro di 1 mm e sono collocate nella parte inferiore delle foglie sane. Alla schiusura delle uova le larve hanno una lunghezza di 1–2 mm, e raggiungono la lunghezza massima di 35–40 mm nell’arco di un mese.
All’inizio della ninfosi la lunghezza delle larve si contrae; le pupe hanno una lunghezza di 25–30 mm, prima verdi con linee longitudinali brune, in seguito più tendenti al bruno.
Gli adulti di questi lepidotteri sono farfalle di medie dimensioni, con apertura alare di circa 4 cm. Le loro ali hanno lo sfondo bianco, quasi trasparente, con un’ampia fascia marrone decorrente lungo i bordi che risultano debolmente iridescenti. A livello delle ali anteriori nella fascia scura risalta una caratteristica macchia bianca; una seconda macchia bianca mediamente più piccola può essere talvolta presente.
Le larve si nutrono delle foglie e dei getti delle specie del genere Buxus. Le giovani larve si nutrono solo della parte superiore delle foglie, ma non della struttura interna più fibrosa. Le foglie non sono distrutte completamente, ma la cuticola e l’epidermide appaiono danneggiate lungo solchi paralleli, oppure interamente.
Spesso le foglie prive della cuticola muoiono. Le larve che hanno raggiunto il maggior grado di sviluppo sono quelle che maggiormente danneggiano la pianta, nutrendosi dell’intera foglia in maniera massiva, lasciando a volte piccole porzioni di foglia al centro o sui lati esterni della foglia. La larva causa la defoliazione e quindi la morte della pianta.
Le larve non si nutrono solamente delle foglie e dei germogli, ma anche della corteccia ancora verde dei nuovi rami.
Le piante attaccate risultano quindi fortemente defogliate ed evidenziano un caratteristico intreccio di fili sericei tra foglie e rametti. Le siepi colpite manifestano macchie di deperimento, con diffusi ingiallimenti su tutta o parte della vegetazione. Tali sintomi possono a prima vista essere scambiati per attacchi di agenti fungini ma, a un più attento esame,
la diagnosi risulta più facile per la presenza delle tracce larvali (tela bianca simile a delle ragnatele e rosura, cioè gli escrementi delle larve) sull’intera pianta.
In Europa i danni sono molto ingenti in quanto negli ecosistemi in cui l’insetto esotico è introdotto non sono disponibili meccanismi di regolazione naturale. Nelle aree europee in cui è presente un predatore della C. perspectalis la Vespa velutina, un insetto alloctono anch’esso proveniente dal Sud-Est asiatico si è osservato un certo livello di predazione. Ma non è un candidato ideale per la lotta biologica perché, essendo una specie alloctona, non è possibile prevederne gli adattamenti e le interazioni nell’ecosistema ospite. La vespa velutina è molto dannosa alle api che preda in gran numero. Quindi gli entomologi e apicoltori stanno cercando con tutti i mezzi di limitare la diffusione e i danni che questa vespa ‘esotica’ arreca all’ambiente.
Le piante attaccate sono il Bosso (Buxus spp.), che costituisce l’ospite preferenziale, la Buxus microphylla, Buxus microphylla var. insularis, Buxus sempervirens, la pachysandra.
La lotta biologica è con il Bacillus thuringiensis (un batterio entomopatogeno che non è fitotossico e non pregiudica la vita dei predatori e dei parassiti naturali degli insetti dannosi) che agisce sulle larve giovani dei lepidotteri portando alla paralisi muscolare e pertanto la corretta tempistica di impiego è fondamentale nel risultato di controllo.
Le trappole a feromone, che attirano i maschi adulti, ostacolano l’accoppiamento con femmine adulte e potrebbero limitare la severità dei danni in quanto le femmine depositano una maggior quantità di uova sterili. In realtà la loro principale utilità è nel monitoraggio dei voli che consente di prevedere i periodi di ovideposizione ottimizzando i trattamenti di lotta.
Il controllo degli stadi giovanili dell’insetto è effettuato con prodotti insetticidi specifici attivi contro le larve dei lepidotteri.
Tra le principali sostanze attive ad azione abbattente si ricordano prodotti ad azione neurotossica e ad ampio spettro d’azione, come i piretroidi (deltametrina, cipermetrina) o esteri fosforici (clorpirifos, in formulazioni microcapsulate), di profilo ecotossicologico meno favorevole, può essere giustificato per la gestione delle prime infestazioni, al fine di abbattere inizialmente i livelli delle popolazioni dell’organismo nocivo.
Si possono anche utilizzare i regolatori della crescita (Teflubenzuron) registrati per l’utilizzo su piante ornamentali con cui si possono ottenere buoni risultati relativamente al controllo delle forme giovanili. I trattamenti devono essere effettuati da personale altamente qualificato nel pieno rispetto delle legislazioni vigenti relative ai prodotti fitosanitari ed eseguiti una volta al mese a partire dai primi di giugno sino a fine settembre nelle ore meno calde della giornata.
I trattamenti sono esclusivamente curativi e non preventivi, devono essere quindi eseguiti solo in presenza di infestazione in campo.
La gestione della lotta è soprattutto attuata da giardinieri strutturati, manutentori del verde autorizzati.
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