642* 28 marzo 2022
(Articolo tratto da focus.it)
Per gli animali piccoli e vulnerabili, la vita si consuma in breve tempo: la zampata di un predatore potrebbe ucciderli in un lampo, perciò investono tutte le loro energie nell’assicurarsi un’ampia discendenza, e il prima possibile.
Vale per gli insetti che – salvo poche eccezioni – non godono del privilegio di diventare vecchi (o rimanerlo a lungo).
Le matriarche degli insetti sociali come api, formiche e termiti, riescono a sopravvivere per anni, talvolta decenni, nonostante deponga migliaia di uova al giorno; al contrario delle operaie che muoiono, senza figli diretti, nel giro di pochi mesi
Insomma, le regine sembrano non dover scegliere tra una vita lunga e una prole numerosa: come possono permetterselo?
Innanzi tutto, come racconta un articolo pubblicato su Kniwable, all’interno delle colonie esiste una forte pressione selettiva, ossia una forte spinta dettata dal contesto, a mantenere la regina in salute il più a lungo possibile.
La somiglianza genetica tra la matriarca e le operaie sue figlie fa sì che le lavoratrici abbiano tutto l’interesse a dedicare l’esistenza alla loro sovrana.
Così facendo assicurano la continuità anche dei propri geni. Ma gli aiuti esterni non bastano a spiegare la longevità delle teste coronate.
Alcuni insetti, come le studiatissime drosofile, possono investire nell’una o nell’altra opzione a seconda delle circostanze.
Se per esempio il cibo scarseggia, questi moscerini producono meno uova ma estendono in modo significativo la durata della propria vita, dedicandosi alla riparazione dei tessuti.
Tra alcuni insetti sociali, come le termiti, anche le operaie alternano momenti in cui investire tutto sulla riproduzione ad altri in cui dedicarsi al mantenersi giovani.
Succede nelle specie in cui la regina non ha bisogno di particolare protezione e le operaie mantengono la capacità di generare prole. Sembra esserci insomma una certa flessibilità nel distribuire le risorse nel modo più vantaggioso possibile: nella riproduzione quando ce ne sono in abbondanza, nel mantenimento di base quando ce ne sono poche.
Nei moscerini della frutta questa elasticità dipende da un gruppo di geni capaci di avvertire la presenza di nutrienti nell’ambiente e capire quando questi scarseggiano. Vale anche per gli insetti sociali?
Un team di ricercatori dell’Università di Friburgo (Germania) ha confrontato l’attività di vari geni in insetti di diversa età e casta sociale come formiche, termiti e api: in tutto 157 esemplari, due specie per ogni tipo.
I geni che danno istruzioni per la codifica di proteine chiamate vitellogenine erano molto attivi nelle regine di ogni specie.
Queste proteine supportano la produzione del tuorlo d’uovo nelle femmine ma sono anche – almeno nelle api mellifere – importanti antiossidanti. Le regine che ne producono in grandi quantità potrebbero quindi essere protette in parte dall’invecchiamento.
Altre differenze tra regine e operaie sono emerse nell’attività dei geni coinvolti nella prevenzione dello stress ossidativo, anche se i geni in questione cambiavano da una specie all’altra – come se ognuna avesse trovato una propria strada per proteggere la regina.
Altre peculiarità delle regine sono saltate all’occhio tra i geni che controllano la produzione di un ormone giovanile che permette agli insetti di maturare in adulti e che forse potrebbe rallentare l’invecchiamento.
Ma anche in questo caso i tempi di attivazione e disattivazione di questi geni variavano da specie a specie.
Insomma non esiste un interruttore unico per regolare quante energie investire nella riproduzione o nel mantenimento: ogni specie lo fa in maniera un po’ diversa affidandosi a un’ampia gamma di soluzioni.
Un invito, per gli entomologi, a non pensare che quanto osservato in una singola specie molto studiata, come la drosofila, valga anche per tutte le altre.
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